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mercoledì 29 febbraio 2012

Un altro mercoledì

...pagare un uneuroesettanta al minuto (scaricabile dalle tasse) per essere ascoltata in maniera disinteressata, è un grande affare!


"Quando uno è triste non servono le classifiche, non c’è un tristometro, è inutile dire sto mediamente peggio di te o decisamente meglio di te, si diventa tutti ottusi ed egoisti e la propria tristezza diventa una grande campana in cui ci si chiude, per non ascoltare la tristezza degli altri."

-Stefano Benni

lunedì 27 febbraio 2012

romanticherie (W.S. I.A. E.M.)


Ti toglievi la fascia dalla vita, ti strappavi i sandali, gettavi in un angolo l'ampia gonna, era di cotone, mi sembra,
e scioglievi il nodo che ti stringeva i capelli in una coda. Avevi la pelle d'oca e ridevi.
Eravamo talmente vicini che non potevamo vederci, assorti entrambi in quel rito urgente, avvolti nel calore e nell'odore che emanavamo insieme.
Mi aprivo il passo per le tue vie, le mie mani sulla tua vita protesa e le tue impazienti. Sfuggivi, mi percorrevi,
mi scalavi, mi avvolgevi con le tue gambe invincibili, mi dicevi mille volte vieni con le labbra sulle mie.
Nell'attimo estremo avevamo un bagliore di completa solitudine,
ciascuno perduto nel proprio abisso rovente, ma subito risorgevamo al di là del fuoco per scoprirci
abbracciati nel disordine dei guanciali, sotto la zanzariera bianca.
Ti scostavo i capelli per guardarti negli occhi. Talvolta ti sedevi accanto a me con le gambe raccolte
e il tuo scialle di seta su una spalla, nel silenzio della notte che iniziava appena.
Così ti ricordo, in quiete. Tu pensi per parole, per te il linguaggio è un filo inesauribile che tessi
come se la vita si facesse narrandola. Io penso per immagini congelate in una foto.
Ma non impressa su una lastra, piuttosto come disegnata a penna, è un ricordo minuzioso e perfetto,
dai volumi morbidi e dai colori caldi, rinascimentale, come un'intenzione colta su una carta porosa
o su una tela. E un momento profetico, è tutta la nostra esistenza, tutto il vissuto e il da vivere,
tutti i tempi simultanei, senza inizio né fine.
Da una certa distanza guardo quel disegno,in cui ci sono anch'io. Sono spettatore e protagonista.
Sono nella penombra,velato dalla foschia di un tendaggio trasparente.
So che sono io, ma sono anche questo stesso che osserva dall'esterno. Conosco ciò che sente l'uomo dipinto su quel letto disfatto,
in una stanza dalle travi scure e dal soffitto da cattedrale, dove la scena appare come il frammento di un'antica cerimonia.
Sono lì con te e anche qui, solo, in un altro tempo della coscienza. Nel quadro la coppia riposa dopo aver fatto l'amore,
la pelle di entrambi luccica, umida. L'uomo ha gli occhi chiusi, una mano sul proprio petto e l'altra sulla coscia di lei,
in un'intima complicità.Per me questa visione è ricorrente e immutabile, nulla cambia, è sempre lo stesso sorriso placido dell'uomo,
lo stesso languore della donna, le stesse pieghe delle lenzuola e gli stessi angoli bui della stanza, sempre la luce della lampada
sfiora i seni e gli zigomi di lei con la stessa angolatura, e sempre lo scialle di seta e i capelli scuri cadono con identica delicatezza.
Ogni volta che penso a te ti vedo così, ci vedo così, fissati per sempre su quella tela,invulnerabili alla corrosione della cattiva memoria.